Vittime e Carnefici

10001579_10202142231492402_338018278130249243_ndi Paola Zaretti/ Vittime e Carnefici…

http://femminismoinstrada.altervista.org/liberata/

Leggevo tempo fa, in un articolo critico dedicato alla trasmissione Amore criminale scritto da una psicologa, una serie di valutazioni e di giudizi solo in parte condivisibili.  Senza entrare nel merito dei  diversi aspetti del problema  ampiamente trattato e sulla maggior parte dei quali concordo, mi limiterò a considerarne uno in  particolare – a mio parere importante – su cui invece dissento.

Nonostante l’autrice sostenga a spada tratta la tesi della donna vittima- sempre- vittima-solo vittima-ancora vittima di violenza – che non è certo il modo migliore per onorarla e darle dignità – si legge tuttavia un passaggio in cui si “concede” un’ammissione di “complicità” con l’intento, però, di negarla  immediatamente dopo:

In realtà, è vero che la donna che presenta tratti di personalità quali tolleranza dell’aggressività, scarsa tolleranza dell’abbandono, compromissione dell’autostima può più facilmente essere preda dell’abusante, ma è anche vero che queste sono caratteristiche che possono far parte della condizione femminile, spesso esito e non causa dell’essere oggetto di forme di maltrattamento e comuni anche a tantissime donne che non subiscono violenze: sono gli aggressori che creano le vittime di violenza, non queste ultime a cercarsela.

“Esito” e non “causa” – si dice.  Ora, se è vero che essere preda di un abusante può essere considerato, da un certo punto di vista, un “esito” di tale condizione, è altrettanto vero che è proprio tale esito ad avere, nella vita di una donna, un potere così condizionante da diventare il motore, la spinta e la “causa” della ripetizione di un vissuto che la porta ad accettare, una volta di più – e proprio per il fatto di essere stata oggetto di maltrattamento – di  prestarsi nuovamente ad esserlo. In altre parole, come l’esperienza con donne abusate insegna a chi se ne occupa con la necessaria competenza, le donne che diventano facile preda di un abusante, lo possono proprio per via di quelle caratteristiche originarie indicate: tolleranza all’aggressività, scarsa tolleranza all’abbandono, scarsa autostima…

E tuttavia, fra l’”effetto” e la “causa”  – diversamente da quanto affermato dall’autrice – non c’è  opposizione ma legame, nesso,  connessione e continuità. Va inoltre rilevato che la faziosità argomentativa dell’autrice su questo punto,  appare del tutto funzionale a quella che sarà, infine la conclusione del suo ragionamento:

sono gli aggressori che creano le vittime di violenza, non queste ultime a cercarsela.

E siamo, come al solito, di fronte a un’ affermazione decisamente semplificata che rischia di diventare – se già non lo è – un assioma. Per chi voglia confrontarsi con la complessità della questione, consiglio la lettura della Conversazione Liberata se l’è cercata? pubblicata  nel blog di Tabula rasa qualche tempo fa. Smettere di considerare la donna sempre e soltanto come vittima, è la sola cosa che le fa onore e metterla nella condizione di comprendere che lei, sia pure inconsapevolmente e per ragioni storiche indipendenti da lei e dalla sua volontà, può spesso finire per avere una parte nel gioco, non ha niente a che vedere con la sua colpevolizzazione  o con la sua rivittimizzazione ma con la presa di coscienza della sua reale condizione e degli strumenti necessari per uscirne. Bisogna liberarsi dalle letture della vulgata e prendere atto che la “tolleranza” della donna nel subire soprusi – frutto senz’altro di un’educazione sbagliata e di tutti gli stereotipi patriarcali che conosciamo – svolge, comunque e di fatto, una parte in tutta la faccenda.

Infine – e questo è senz’altro l’aspetto più grave della questione – una donna abituata e incentivata a  pensarsi e a vivere se stessa sempre e solo come vittima, viene depotenziata e privata della capacità di mobilitare quelle energie necessarie a liberarsi di quelle catene che, proprio grazie a questo depotenziamento, la  inchiodano al ruolo di vittima.

Trattare le donne come vittime rende loro un pessimo servizio.