Una creatura senza futuro o con un futuro geniale?

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Da: Taccuini 1919-1921 di Marina Cvetaeva

A volte guardo la foto di Irina. Il visetto tondo (allora!) circondato dai riccioli dorati, l’enorme fronte saggia, i profondi – e forse vuoti – occhi scuri – des yeux perdus –  l’incantevole bocca rosso vivo – il naso tondo schiacciato – qualcosa di africano nella conformazione del viso – un negro bianco. Irina! – Adesso penso poco a lei, non l’ho mai amata nel presente, sempre in sogno – l’amavo quando andavo da Lijlia e la vedevo robusta e in salute, l’ho amata questo autunno, quando Nadia (la balia) l’ha riportata dalla campagna, ammiravo i suoi meravigliosi capelli. Ma, passata la novità, l’amore si è raffreddato, m’irritava la sua ottusità, (come se avesse la testa chiusa con un tappo!), la sua sporcizia, la sua ingordigia, in un certo senso non credevo che sarebbe cresciuta – sebbene non pensassi minimamente alla sua morte – era semplicemente una creatura senza futuro.

-Forse – con un futuro geniale? Irina non è mai stata per me una realtà, non la conoscevo, non la capivo (…) Irina! Come è morta? Cosa provava? Si dondolava? Che ricordi le sfilavano davanti? Forse un angolino della casa di Borisoglebskij – Alja – me? Cantava ” Ai-dudu-dudu-dudu”…Capiva qualcosa? Qual è stata ‘ultima cosa che ha detto? E di che cosa è morta?

Non lo saprò mai.

La morte di Irina è atroce perché avrebbe  potuto essere facilmente evitata. Se il medico avesse diagnosticato ad Alja la malaria – se io avessi avuto un po’ di sodi in più – Irina non sarebbe morta. La morte di Irina per me è tanto irreale quanto la sua vita. – Non conosco la malattia, non l’ho vista malata, non ho assistito alla sua morte, non l’ho vista morta, non so dove sia la tomba.

– E’ mostruoso? – Sì, visto dal di fuori. Ma Dio, che vede il mio cuore, sa che non sono andata  a darle l’ultimo saluto non per indifferenza, ma perché NON POTEVO. (Non sono andata da lei quando era viva… -)

Irina! Se esiste un cielo, tu sei in cielo, comprendimi e perdonami se sono stataq per te una cattiva madre, che non ha saputo superare la sua avversione per la tua natura oscura e incomprensibile.

– Perché sei esistita? – Per avere fame – per cantare “Ai du-du”…per camminare sul letto, scuotere le sbarre, dondolarti, sentirti sgridare…

Strana – incomprensibile – misteriosa creatura, estranea a tutti, che non amava nessuno – con occhi così meravigliosi! – con un vestito rosa così orribile!

– Cosa indossava quando l’hanno seppellita? – anche la sua pelliccetta è rimasta lì.

La morte di Irina è atrce perché è una pura casualità. (Se per fame – un po’ di pane! se per malaria – un po’ di chinino – ah! UN PO’ D’AMORE.

A volte – per un attimo -i viso di Irina: non quello penoso, inumano degli ultimi tempi, ma quello tondo, abbronzato, con i vivi occhi scuri e il sorriso – di dopo l’estate.

Ho avuto nei suoi confronti dei rari – in un certo senso insopportabili! – impeti di tenerezza, ma duravano un’ora, mentre la vita dura giorni, mesi, – insomma: è una faccenda oscura, non so.

O forse è morta la cosa più profonda al mondo – la Voce? Dopotutto amava cantare! – E appena un po’ di musica in lontananza – subito si faceva attenta e con voce allegra: – “La mutica uona”!! (Mi tormento apposta

Irina! Se fossi viva adesso ti farei mangiare da mattina a sera – io e Alja mangiamo così poco! – Irina, una cosa la sai: ti ho mandata all’orfanotrofio non per liberarmi di te, ma perché mi avevano promesso riso e cioccolata.

E invece – la morte di inedia

Non saprò MAI come è morta.

Tra pochi giorni – il 13 Aprile – Irina avrebbe compiuto tre anni. Non ho nessuno con cui parlare di Irina (…). Oggi è Sabato Santo, una giornata meravigliosa, il sole mi riscalda i capelli sulla fronte, sono seduta accanto alla finestrella aperta. Mi ricordo – mi tornano in mente da soli! – gli occhi meravigliosi di Irina – scuro-abbaglianti, di una grigio-verde così raro, di una lucentezza stupenda – e le sue enormi ciglia.

Oh, voglio un figlio maschio! – Ma se non è destino che riveda S. – allora non ho bisogno di nessuno.

– Ma comunque – anche se verrà un figlio – mi rimorderà comunque per sempre la coscienza, perché sono due, quando avrebbero potuto essere tre. – E’ così –

Alla morte di Irina come prima non credo

Irina, – eccole le mie leggi infrante!

N.N! Ditemi, dov’è ora la mia Irina?

La mia Irina. – Non l’ho mai chiamata così’ quand’era viva.