Un Potere “tutto per sé”. I trucchi del fallo

cardini_pantera_02

di Paola Zaretti / Un Potere “tutto per sé”- I trucchi del fallo

Non è terribilmente umiliante per la nostra dignità di donne sottoporci al giudizio e al rifiuto conclamato di quattro  malgovernanti inetti, al loro odio, alla loro misoginia?

Perché continuare a domandare, a elemosinare, a cercare di essere “accettate” ottenendo in risposta il trattamento riservato agli oggetti di “scarto”?

In forza di quale “mito dell’uomo” tutto questo è ancora possibile?

Ed eccoci qua, dopo la votazione e l’esclusione delle donne dalle stanze del potere, alle solite deprimenti discussioni inconcludenti.

Come funzioni l’ordine simbolico maschile a molte donne – è evidente – non è ancora chiaro, non del tutto chiaro, per altre, invece, è talmente preclaro e accecante da costringerle a volgere altrove lo sguardo. Non si è ancora compreso che in quell’ordine simbolico il soggetto femminile ci entra, quando ci entra, come neutro-maschile? E se è così che ci entra, non sarebbe ragionevole prenderne atto e smettere di pensare che un soggetto neutro, unico e dunque “indifferente”, possa “portare la differenza” in un luogo nato e forgiato e strutturato a partire dalla sua negazione?

Vogliamo prendere atto che tutto questo deriva dall’inesistenza, in quell’ordine maschio, di un significante, di un simbolo equivalente al fallo in grado di rappresentare la donna? E’ così difficile evitare di farsi scippare del proprio tempo e della propria salute impegnando energie in direzioni consumate e perdenti, girando e rigirando da quarant’anni attorno alla stessa questione?

E poi…e poi… Non è proprio dal Gran Rifiuto del simbolico nei riguardi della presenza delle donne e dalla bruciante ferita loro inferta, che ha luogo, si struttura e perdura questo loro micidiale meccanismo autolesionista e suicidario, questa sete inestinguibile che altro non è, al fondo, che Domanda di accettazione e di Riconoscimento da parte dell’uomo? Frustrazione, rabbia, indignazione, furore, spirito di vendetta e guerra fra donne: fra quelle che scalpitano per accedere, con la benedizione dei padri, ai luoghi del potere, quelle che maledettamente li rifuggono per averli conosciuti e praticati e quelle, infine, le più pericolose, che, in odore di “santità” e di “estraneità”, ci stanno più dentro di tutte comodamente sedute “con agio”.

Forse che basta stare fuori dai Luoghi tradizionali del potere maschile per esserne fuori davvero? Credere che una scelta di “estraneità” a tali luoghi comporti di per sé, automaticamente, una rinuncia delle donne all’esercizio del potere, sarebbe un errore e un’ingenuità. Basti pensare, per rendersene conto, all’atto istitutivo di un ordine simbolico materno, all’esercizio di un potere esercitato attraverso la disparità e l’affidamento e all’inquietante involuzione cui ha dato luogo con l’esaltazione di una forza femminile che nel mentre indulge alla violenza, magnifica l’avvento di una “sovranità” “femminile”.

Esistono dunque delle forme di rinuncia al potere che sono solo apparenti nella misura in cui  la rinuncia a dividere il potere con gli uomini – ad “avere il potere insieme agli uomini”, o a “fare la parità fra gli uomini e le donne”  – non è frutto di una vera rinuncia ma di una strategia che mira all’acquisizione di un potere “tutto per sé” senza doverlo dividere con nessuno. Come dire che a fondamento del sacrosanto rifiuto della parità, non c’è sempre quella nobile ragione di “estraneità” di cui ci parla Virginia Woolf  ma solo il più volgare degli trucchi cui il primato fallico ricorre quando, per non farsi riconoscere, si traveste di abiti femminili.

 

 

cardini_pantera_02