Fare Tabula rasa dell’ipocrisia

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di Paola Zaretti/Fare Tabula rasa dell’ Ipocrisia. Documenti

Scrivevo qualche giorno fa:

Essere “radicali” non è un dovere, non è un piacere, non regala medaglie al valore, non dà consenso, non rende più facile la vita, ha dei costi alti, spesso altissimi, è un modo di essere e di stare al mondo, un differente modo di sentire, una condanna, un destino. Non dovrebbe bastare – a chi spaccia per radicalismo scelte  politiche calcolanti e di compromesso in vista di una propria affermazione narcisistica – per rinunciare, in rispetto alle parole e al loro originario significato, all’utilizzo improprio di questo termine? Avere il coraggio di essere ciò che si è – quale che sia la cosa che si è – non sarebbe più onesto, più leale? C’è forse un obbligo a essere ciò che non siamo a spacciarci per ciò che non siamo? E da dove viene questo obbligo se non da una scarsa coscienza di sé?

Vale la pena ricordare, a questo proposito, un brano in cui l’ipocrisia, riconosciuta all’interno di un gruppo di donne, viene così significativamente descritta:

La tentazione del bene (…) quella femminile tentazione (…) se pure può sorgere, come ho riscontrato proprio in donne che nel riferimento alla madre pongono il perno di una politica della differenza che si disloca simbolicamente dall’ ordine paterno, proprio di quest’ultimo rischia di perpetuare il fantasma. Forse per questo motivo sono diventata così suscettibile ad alcune manifestazioni di quella che ho chiamato tentazione del bene che ho incontrato nella pratica politica. In una lista di quelle che mi sono via via diventate insopportabili: la tendenza a scivolare nella “liturgia materna”, in una visione edulcorata del mondo delle relazioni femminili, imbellettata e che finisce sempre in gloria: un certo tono salvifico riguardo la politica delle donne come palingenesi delle società (…). Il tutto in onore alla grandezza materna, della libertà femminile, della forza che la nostra politica fa circolare tra noi. Insomma in una parola, quel che mi è diventato insopportabile si chiama ipocrisia femminile.  (Sartori)