Una comicità tutta “Verticale”…

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Da “Inclinazioni. Critica della rettitudine” / di Adriana Cavarero,

Capitolo V: Uomini e alberi

“A meno che entrambe i sessi non si uniscano nel tentativo di realizzare una sessualità non fallica, di riscrivere il copione della sessualità prendendo le distanze dalla violenza del Fallo, nulla cambierà.” (R. Braidotti, In Metamorfosi)

La presa di distanza dalla violenza del fallo e la critica radicale al fallologocentrismo è, anche nel pensiero di Adriana Cavarero, una costante. Riportiamo dal V capitolo del suo ultimo libro Inclinazioni. Critica della rettitudine, un passaggio accompagnato dall’immagine che vi compare.

“Chi sfogli il libro di Carl Gustav Jung Psicologia e alchimia si imbatte in due immagini molto curiose che compaiono sotto il titolo di arbor philosophicus, albero filosofico. Tratte da un manoscritto del XIV secolo, il Codex Ashburnham, rappresentano l’una un uomo nudo, sdraiato a terra, dal cui fallo cresce un albero robusto, dritto e frondoso; l’altra una donna nella medesima posizione, dalla cui testa si innalza un albero dal tronco più sottile. Riconducendole agli archetipi dell’inconscio che egli chiama “anima” e “animus”, Jung collega le due figure alla versione maschile e femminile della prima materia e le identifica con Adamo e Eva (…). Il legame fra l’albero e il fallo è comunque assai antico nonché accreditato, sul piano della lingua da etimologie interessanti (…). La verticalità dell’albero, nelle figure del Codex Ashburnham, tradisce un’impronta squisitamente maschile. Come avviene nella pittura astratta di Barnett Newman, assumendo fattezze arboricole e spudoratamente itifalliche, una sbarra dritta si innalza. Il che, tuttavia, non esaurisce l’enorme potenzialità, capace di esprimersi su molteplici registri, del simbolo dell’albero. Come ben sa Virginia Woolf, la coincidenza fra verticalità  ed erezione costituisce solo la faccia più banale del problema (…). In un primo tempo accostato occasionalmente alla donna, l’albero – come vuole una celebre tradizione iconografica  – rimanda ben presto all’uomo. Invece di confondersi con la figura femminile, nel seguito dell’argomentazione l’immagine dell’albero va, anzi, proprio a sollecitare la verticalità dell'”I”, il dominio prepotente della sbarra rigida e dritta. “L’aridità che l’ombra dell’ “Io” provoca”, scrive Woolf, è “come quella del faggio gigante, sotto il quale non cresce nulla”.

Una risposta a “Una comicità tutta “Verticale”…

  1. Grazie Paola, mi sono chiesta spesso come mai l’albero, come simbolo, sia così “duplefax”, anche a prescindere da tutte le espressioni figurate e da tutte le raffigurazioni. E mi ha sempre suscitato curiosità la circostanza che, nella lingua latina, tutti i nomi di albero sono sempre e soltanto femminili, e quindi si aggettivano al femminile. Insomma, come se l’essenza arborea fosse percepita come femminile.

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