IDEALIZZAZIONE E DISTRUZIONE

 

 

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di Paola Zaretti/IDEALIZZAZIONE E DISTRUZIONE

“Talvolta l’idealizzazione si presenta come una formazione reattiva, con l’obiettivo di nascondere (invertendo le dinamiche) l’aggressività e la conflittualità che si prova per una determinata persona”.

Guardarsi bene dall’essere oggetto d’idealizzazione per qualcuna/o è prevenire un rischio: il rischio di distruzione.  Si tratta dunque, per un soggetto, in questo sottrarsi, di una forma autoprotettiva di tutela di sé. La prima (l’idealizzazione) non va, infatti, – a meno che non subisca una trasformazione – senza l’altra (la distruzione messa in atto da aggressività e conflittualità).

La pulsione distruttiva, altrimenti detta “pulsione di morte” – il cui nesso con l’invidia è stato ben evidenziato da Kristeva – è subdola ed esigente e non s’accontenta. La pulsione distruttiva non è attratta da ciò che, essendo considerato privo di valore, mal si presta all’idealizzazione – che senso avrebbe distruggere qualcosa che, già di per sé, non vale? – ma seleziona e privilegia con cura la scelta di quegli “oggetti” reputati  – a torto o a ragione -“meritevoli” di valore e ai quali quel valore può essere perciò immaginariamente attribuito.

Il desiderio di distruggere può dunque realizzare il massimo del suo appagamento e della sua riuscita solo puntando in alto, solo elevando l’”oggetto” idealizzato al massimo livello di idealizzazione anche se sarà proprio questa forma di idealizzazione estrema dell’oggetto a determinarne, nel tempo, la rovinosa “caduta”, a sancirne la  caducità.

L’idealizzazione dell’”oggetto”, lungi dunque dal configurarsi come un processo positivo, semplice e lineare, è un processo al servizio di un desiderio distruttivo nei riguardi dell’oggetto idealizzato.