Essere “femministe” non basta

 

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di Paola Zaretti / Essere femministe non guasta…ma non basta

Da IO TU NOI

di Luce Irigaray

Chi  (o che cosa)  determina la tua salute?

Come definire la salute delle donne? Nella società attuale quasi nulla permette loro di essere soggetti sessuati femminili. Qual è la possibile definizione del loro equilibrio? Le donne sono spesso malaticce? Forse. E come non esserlo quando non esistono luoghi in cui affermarsi come io, ma bisogna invece sopportare continuamente le affermazioni degli altri nei discorsi, nelle immagini, nei gesti, e soprattutto nell’ uso mercificato delle donne?

 Il pensiero come medicina

Penso che la salute delle donne soffra, innanzi tutto, di una mancanza di affermazione di sé e di una proibita o impossibile definizione di sé come soggetti e come oggetti, da parte di se stesse e per se stesse. Le donne vengono private di un ordine soggettivo per unificare la loro vitalità corporea. Un corpo può essere sano soltanto se ha un progetto e un obiettivo personale, spirituale, che lo organizzi e lo animi. Privo di questa dimensione, è necessariamente un organismo malato, malato di molte malattie, disorganizzato, per il quale non esiste una soluzione medica valida. Il ricorso a terapie esclusivamente somatiche rischia addirittura di far ulteriormente diminuire le possibilità di una vera guarigione. Per essere in buona salute, le donne  hanno bisogno di scoprire da sole i caratteri della loro identità sessuata. Hanno anche bisogno di una reciprocità nella differenza sessuale, che si tratti di amore, di cultura, di società o di politica (…). E’ profondamente patologico e patogeno che i diritti soggettivi e oggettivi siano distribuiti in modo così diseguale. Un’iniziazione soggettiva può aiutare le donne a “guarirne”. Ciò richiede, almeno: che si comprenda la portata del problema; amicizia e rispetto reciproco per tentare di risolverlo; un’informazione culturale rigorosa e qualche volta anche il ricorso all’ aiuto psicoterapeutico. Ne deriva la NECESSITA’ della FORMAZIONE di TERAPEUTI che le donne possano accettare.

L'”0rganismo malato, malato di molte malattie”, la patologia cui Irigaray fa qui riferimento, pur essendo una patologia indotta “da sistema” – resta, nondimeno, tale, resta una sofferenza di cui occorre prendersi cura. Per “guarirne” occorre:

– COMPRENSIONE DEL PROBLEMA

–  AMICIZIA

 – INFORMAZIONE

–  RICORSO ALL’ AIUTO TERAPEUTICO.

Sono questi gli ingredienti essenziali richiesti per il tipo di “guarigione” di cui parla Irigaray. Da qui deriva la necessità della formazione di terapeuti “che le donne possano accettare”

Ma quali sono le terapeute che le donne possono accettare?

Quali caratteristiche devono avere? Quali  i  requisiti loro richiesti?

Esistono in Italia specifici luoghi di FORMAZIONE di queste terapeute?

No. Esistono terapeute formate in “scuole” fondate da uomini per la “cura”  indifferenziata di uomini e donne. Ed è precisamente nel vuoto scavato da questa inesistenza che il femminismo ha trovato lo spazio entro cui stanziarsi  e assumere compiti il cui onere necessita di un iter formativo specifico che il femminismo non contempla. Bisognerebbe ricordare, infatti, che Irigaray e Antoniette Fouque –  due psicanaliste la cui influenza sul femminismo italiano è stata decisiva, non si prendevano cura delle donne “in quanto femministe” ma in quanto psicanaliste femministe che avevano fatto un loro percorso analitico personale e didattico e che l'”autocoscienza” inaugurata da Lonzi  era altra cosa da “quell’aria fritta” che, a suo dire, ha finito per diventare.

Essere femministe, insomma, non basta.