Paradossi omosessuali

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di Paola Zaretti/Paradossi omosessuali

Com’ è che in un sistema di pensiero androcentrico, fondato sulla logica del “medesimo” – e dunque su un’economia binaria omosessuale (Irigaray, Cavarero) – l’omofobia, l’avversione contro l’omosessualità maschile regna sovrana?

 L’economia binaria si fonda su una logica bipolare che, a partire dalla positività del polo maschile, decide la negatività di quello femminile. Posto l’uomo come soggetto, la donna risulta perciò oggetto (…). L’elenco è infinito, e può annoverare dicotomie ben note, quali cultura/natura, ragione/passione, mente/corpo, pubblico/privato ecc. (…). Vale la pena, di nuovo, di sottolineare che, in quanto sistema complessivo, l’economia binaria non è il luogo in cui ambedue i sessi del genere umano si autorappresentano, bensì il luogo in cui il solo sesso maschile si autorappresenta decidendo al contempo la rappresentazione del sesso femminile a sé funzionale (…). Come giustamente sottolinea Irigaray, l’economia binaria è perciò fondata su una “logica del medesimo” (…). La logica del medesimo mostra dunque che l’economia binaria è un’economia “omosessuale”. Non necessariamente nel senso di una pratica erotica, ma piuttosto nel senso che il vero soggetto e l’unico protagonista di quest’ordine ha un solo sesso: quello dell’uomo (latino: homo) che si rispecchia nel medesimo (greco: omoios) (Cavarero, Le filosofie femministe)

E Irigaray:

Sono sicura che tutti penseranno che io stia scherzando, ma non è così. Indubbiamente è difficile immaginare fino a che punto tutti questi comportamenti, che sono la maggior parte dei discorsi politici, che regolano gli atteggiamenti cosiddetti civili, che inghiottono capitali enormi, che inquinano il nostro ambiente per precauzione militare, che minacciano oggi le nostre vite e la nostra salute psichica e morale, siano in realtà GIOCHI SESSUALI FRA UOMINI”. (Irigaray, Io, tu noi)

I due passi riportati sollevano alcune domande decisamente inquietanti su un tema scabroso della cui complessità e delle cui incongruenze non è ancora emersa, probabilmente, tutta la portata:

– Esiste forse un nesso fra i “giochi sessuali fra uomini” cui si riferisce Irigary  e l’omofobia? Che cos’è una fobia?  Qual è la funzione dell’oggetto fobico nell’’Omo-fobia?

– Esiste un nesso tra fobia e desiderio, tra desiderio e angoscia, considerato che la fobia è il risultato della rimozione di un desiderio inaccettabile e indicibile e che nasce come una difesa dall’angoscia?

– E a quale tipo di esigenza, a quale finalità risponde – nel contesto di un ordine simbolico androfallocentrico e omosessuale – la difesa a oltranza del primato normativo eterosessuale? Ha forse qualcosa a che fare, la difesa di tale primato, con l’indicibilità di un desiderio rimosso?

– Non sarà che la difesa della normativa eterosessuale assolve a una funzione di mascheramento di un desiderio omosessuale indicibile?

– Perché mai un ordinamento simbolico omosessualmente e androcentricamente strutturato –  in cui le donne sono incluse a puro titolo di soggetti neutro-maschili – dovrebbe avversare con tanta ostinazione l’omosessualità e sostenere, con appassionata intransigenza, l’eterosessualità?

– Come si spiega che all’interno di un ordinamento androcentrico e omosessuale, sia proprio la normativa etero ad assumere i tratti di un valore assoluto e primario?

– Esiste, insomma, un nesso fra il primato androcentrico e omosessuale, il rifiuto fobico dell’omosessualità maschile e il valore primario assegnato all’eterosessualità?

 Dall’ Ippolito di Euripide:

O Zeus, perché hai creato le donne? Perché le hai messe nelle nostre case? Belle in faccia e marce dentro! Non dovevi ricorrere alle donne per diffondere la razza umana. (…) . La donna è davvero una disgrazia. La cosa migliore è sposare una nullità e poi però ci si trova in casa una sempliciotta, buona a niente. Ma le saccenti io le odio! Una donna che la sa troppo lunga? Mai sotto il mio tetto!.  (Euripide, Ippolito)

Dalla Teogonia di Esiodo

Dunque, Zeus, dopo aver punito Prometeo per aver portato il fuoco sulla terra, volle vendicarsi della genia mortale e foggiò una creatura bellissima, ricca di orpelli, Pandora (…). Da lei nacque la razza delle donne, grande sciagura per gli uomini (…) (Esiodo, Teogonia)

 Da Parola di Peter Nolan dei maschilisti organizzati MRA.

 Oggi, il solo modo per gli uomini di ottenere giustizia, è uccidere le donne”.

Ma poiché l’umanità – bisognerà pure “rassegnarsi” – non è formata da soli uomini ma anche da donne, alcuni di loro, non avendo potuto realizzare fino in fondo il sogno di sterminare il genere femmina nella sua totalità, hanno deciso di “vivere in pace” senza le donne, istituendo un marchingegno simbolico in grado di neutralizzarle attraverso la loro inclusione all’interno di un ordine omosessuale costruito ad arte per garantire loro il “privilegio” di una presenza-assenza. Il marchingegno simbolico di cui si tratta si fonda, infatti, sulla logica duale del binarismo oppositivo maschio- femmina, uomo-donna, un binarismo che nel mentre realizza la finzione di garantire la presenza, a pari titolo, di due soggetti, in realtà è del tutto funzionale all’affermazione del primato di un unico soggetto, maschio, adeguato e conforme al primato dell’Uno. Come qualcuno ha giustamente rilevato, l’Uni-verso dell’Uno non mostra mai il suo volto unitario. Non c’è Uni-verso, infatti, che non sia costretto a ricorrere, per potersi affermare senza implodere, al gioco perverso della regolazione binaria.

Sul modo in cui il “corpo sociale patriarcale” omosessuale si edifica gerarchicamente ascoltiamo un passo di Irigaray che ci suggerisce di stabilire una connessione, a nostro avviso importante. tra “corpo sociale” e “corpo individuale”:

 (…) Mentre il corpo femminile genera nel rispetto della differenza, il corpo sociale patriarcale si edifica gerarchicamente, escludendo la differenza.” (Irigaray).

Ma se  “il corpo sociale patriarcale” si edifica, come affermato – escludendo la differenza incarnata dalla donna, il corpo individuale omosessuale (maschile) si edifica, a sua volta, riproducendo e duplicando – tramite il rifiuto del corpo femminile – la stessa logica escludente attuata dal corpo sociale patriarcale. E se l’esclusione della donna agita da un corpo individuale omosessuale maschile non è altro che il duplicato speculare dell’esclusione teorizzata dal “corpo sociale patriarcale”, quale verità, quale credibilità possiamo assegnare alla condanna espressa del “corpo sociale patriarcale” nei riguardi di un’omosessualità maschile, di un corpo individuale omosessuale che è il duplicato di sé medesimo?

Non sarà che nella guerra condotta contro i gay – la cui efferatezza non ha nulla di paragonabile, e non per caso, a quella registrabile nei riguardi dell’omosessualità femminile – siamo di fronte all’esito  manifesto e tangibile di quel potente meccanismo di DENEGAZIONE incaricato di oscurare l’esistenza di una complicità quanto mai familiare tra patriarcato e omosessualità maschile? Mi chiedevo, leggendo un post pubblicato qualche tempo fa, per quali ragioni l’omosessualità femminile venga spesso rimossa o negata (anche dalle stesse donne), mi chiedevo perché essa sia sempre fuori scena mentre ad occupare lo scenario e a suscitare interesse sia sempre o quasi sempre l’u-omosessualità  declinata al maschile. E quando ho letto – non saprei più dire dove – questo passaggio, mi sono detta che a domandarmelo, forse, non ero sola:

Il matrimonio omosessuale è presentato come voluto dagli uomini. Le coppie lesbiche costituiscono la maggior parte dei matrimoni omosessuali, ma la stessa espressione “matrimonio gay” lo fa apparire come un tema di interesse maschile. Ciò lo rende una cosa di interesse per tutti, perché tutto ciò che è maschile è di interesse generale. Sebbene molte persone che hanno combattuto per il matrimonio omosessuale siano attiviste e avvocate lesbiche, gli uomini gay hanno parecchio potere sociale ed economico, e lo hanno usato in maniera efficace per far diventare la causa un fatto mainstream.

Ne sono rimasta piacevolmente colpita per via del rilievo critico mosso nei riguardi del grande interesse suscitato dal matrimonio gay, a conferma del fatto che “tutto ciò che è maschile è di interesse generale”. Il riconoscimento, inoltre, di essere in presenza di un uso efficace del “potere” maschile “sociale”, “economico” e funzionale alla “causa”, rende il passaggio degno di attenzione perché l’interesse pressoché esclusivo per il matrimonio gay e la scarsa attenzione dedicata alle coppie lesbiche – che pure costituiscono, come si afferma, la maggior parte dei matrimoni omosessuali  – ci riconnette a quel primato maschile caro al pensiero patriarcale che tutto neutralizza e include all’interno del maschile e del suo mito valoriale.

Il fatto è che questo mito valoriale della virilità, nel suo nucleo fantasmatico e delirante, può darsi in molti modi. Ce n’è uno, per esempio, in cui esso è messo a dura prova dalla predilezione e dal desiderio sessualmente accordati da una donna ad un’altra donna. Da cui la marginalizzazione, la censura e la rimozione generalmente riservate all’ omosessualità femminile, sintomaticamente inclusa e infelicemente sussunta e neutralizzata, nel caso specifico del matrimonio gay, all’interno della categoria mascolina di “gay”. A dire e a significare che l’omosessualità possa – e debba – essere necessariamente pensata come una prerogativa maschia  – maschia per eccellenza. Vero è, in effetti, che l’omosessualità femminile fa problema all’uomo almeno tanto quanto – sia pure in maniera diversa e per tutt’altre ragioni – l’omosessualita maschile fa problema alla donna. Per un uomo, il solo pensiero che una donna possa preferirgli una donna, è di gran lunga più inconcepibile che insopportabile: ne va, infatti, in un’anomala predilezione come questa, di un Gesto irrimediabilmente svalutante il supposto valore indiscusso della sua “virilità”, ne va della mortificazione-umiliazione della sua “dotazione fallica” e del fantasmatico primato di potere-potenza ad esso illusoriamente connesso. Il lesbismo, insomma, non può che apparire all’uomo, sotto il profilo sessuale, come un affronto perpetrato dalla donna alla “virilità”, una forma di privazione/esautorazione dall’incantesimo di pensarsi e fantasticarsi, per l’altro sesso,  necessario e insostituibile.

Ma che succede quando le parti si invertono, quando è un uomo a preferire un uomo a una donna?

Quando ad essere ferita e messa fuori gioco nella relazione, non è la mascolina virilità dell’uomo con il suo corredo di fantasmi?

Quando ad assumere la posizione del terzo escluso dalla relazione fra due maschi è una donna?

Se per un uomo il pensiero che una donna possa preferirgli una donna è impensabile e incomprensibile, che cosa significa per una donna – abituata a pensarsi, invece che come Soggetto desiderante, come “oggetto” del desiderio dell’ uomo – percepire se stessa e il proprio corpo come indesiderabili, e misurarsi con un desiderio maschile indirizzato, invece che a lei, a un altro uomo?