“Isteria” non è una parolaccia

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da Paola Zaretti/“ISTERIA” NON è UNA PAROLACCIA….

Si può, dopo Lonzi, nonostante Lonzi e il suo Sputiamo su Hegel continuare a stare dentro la logica hegeliana del potere e contro-potere?

“Isteria” non è una parolaccia, non è un insulto, non è, nonostante l’uso strumentale e distorto che se n’è sempre fatto e se ne continua a fare da parte maschile, un dispregiativo denigratorio per la donna. Tutt’altro. L’isteria è una precisa categoria clinica derivante dalla patologia di un sistema simbolico andro-fallocentrico che genera sofferenza. Ciò nonostante alcune “femministe” – adottando l’uso improprio e negativo del termine tanto caro alla “vulgata” maschia – hanno protestato, a torto, per la comparsa di questo termine attribuendogli la stessa accezione dispregiativa da sempre riservatagli dal tale vulgata.

Dare dell”isterica” a una donna è, in un certo senso – in un senso, beninteso, molto preciso – il miglior complimento che le si possa rivolgere. La ragione è presto detta: l’isteria non è soltanto il prodotto femminile sofferente, l’esito prevedibile di un sistema simbolico maschio sciaguratamente monosessuato ma è anche,  e al tempo stesso, il più audace tentativo di Rivolta e il più potente antidoto, messo in campo dalle donne, contro tale sistema di pensiero. Ciò premesso, si tratta tuttavia di capire se la Rivolta isterica in quanto tale, la Rivolta in sé, intesa e praticata nei termini riduttivamente rivendicazionisti con cui ha luogo e si manifesta, sia la via più idonea, il tentativo più riuscito per incidere e  trasformare  radicalmente quel sistema di pensiero fino al punto di decretarne la sconfitta definitiva o sia invece una modalità inconsapevole (?) di conservarlo. Si tratta di capire, insomma, se la modalità rivendicativa propria dell’isteria sia lo strumento più efficace al raggiungimento dell’obiettivo desiderato: la fine della cancellazione simbolica della donna avvenuta ad opera del patriarcato. Condivido il pensiero di Kristeva quando scrive:

 I movimenti rivendicativi, femminismo compreso, non sono “inizialmente liberatori” e soltanto in seguito dogmatici (…). La stessa logica del contro-potere e della contro-società genera, per la sua stessa struttura, la sua essenza, quella d’essere un simulacro della società o del potere combattuti. (Kristeva, Le nuove malattie dell’anima).

L’isteria, infatti, nonostante sia per un verso un Agente e un formidabile Motore di denuncia del malfunzionamento di un sistema simbolico misogeno fortemente disturbato e dei guasti che ne derivano – in forme diverse e non equiparabili per donne e uomini – non solo non basta a modificare, a colpi di rivendicazione, quel sistema, ma può persino contribuire, suo malgrado, a conservarlo e a rafforzarlo.

Un’isteria depotenziata – un’isteria incapace di andare oltre se stessa e impossibilitata a risolvere il suo nucleo sintomatico – è un’isteria inchiodata al e dal proprio Sintomo e incapace di liberarsene. Il fatto che si tratti di una sofferenza tipicamente femminile indotta, causata e provocata da un sistema simbolico patogeno, non la rende meno impotente rispetto al raggiungimento dei suoi obiettivi. Detto altrimenti, è necessario fare un passo in là, oltre la Rivolta isterica, è necessario uscire dall’isteria e dalla logica delle opposizioni binarie care al patriarcato in cui si trova costantemente in-castrata.

Occorre un Salto su quell’”altro piano” – incompreso – di cui parlava Lonzi.

Si può, dopo Lonzi, nonostante Lonzi e il suo Sputiamo su Hegel pensare di uscire dalla logica hegeliana del “potere e contro-potere” standovi dentro?

Paola Zaretti