Donne contro donne

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di Paola Zaretti/ Donne contro donne

DONNE CONTRO DONNE

Quando una donna domanda – e retoricamente si domanda – se prestare un utero sia “emancipante”, rivolge implicitamente una critica.

A chi è rivolta la critica? Con chi se la prende? Se la prende, evidentemente, con le donne che si prestano a “prestarlo”, colpendo e colpevolizzando così tutte coloro che, a prescindere dalle motivazioni,  non essendo, a suo insindacabile giudizio-pregiudizio, abbastanza emancipate da astenersi dal farlo, finiscono, tutte insieme, nello stesso mucchio – Unico, Omogeneo, Indifferenziato.

Siamo qui in presenza di un’accusa chiaramente rivolta da una donna “emancipata” ad altre donne.

Il tema è interessante perché permette di rilevare che la guerra che si è scatenata sulla GPA non è semplicemente la solita guerra condotta dalle donne contro l’uomo accusato di fare del corpo femminile un uso mercificato, non è dunque soltanto una guerra “combattuta” contro l’uomo e in difesa delle donne “vittime”, “oggetti” passivi e subalterni alla mercè del maschio, ma è anche una guerra condotta, assieme  ad alcuni uomini, contro le donne, che vede, protagoniste in prima fila, altre donne. Una guerra, insomma, di alcune donne e alcuni uomini contro altre donne.  E’ una guerra in cui le donne che decidono di prestare il loro corpo, a prescindere dalle motivazioni che le inducono a farlo, vengono attaccate non in quanto “oggetti” passivi alla merce dei maschi – in tal caso la loro difesa, da parte femminile, sarebbe  comprensibile e condivisibile – ma in quanto Soggetti attivi, in quanto soggetti pensanti che, fatti salvi i  deprecabili casi  di sfruttamento da noi mille volte condannati, liberamente scelgono il loro bene – o il loro male.

Sinteticamente tradotta, la posizione di coloro che, come gli uomini, considerano le donne, invece che Soggetti, puri oggetti passivi alla mercè del maschio attribuendo a se stesse funzioni salvifiche nei loro confronti, può essere, sul versante femminile, così esemplificata:

”Noi ti siamo sorelle e siamo pronte a sostenerti quando tu sei piegata dalle difficoltà, quando appari ai nostri occhi  succube e sconfitta, quando siamo indispensabili alla tua salvezza, quando possiamo esprimere, nel farlo, la superiorità e la potenza che ci deriva dal prenderci cura di te, ma diventiamo tue nemiche e ti facciamo la guerra quando tu – non sconfitta e non bisognosa della nostra cura – decidi di te, per te indipendentemente da noi”.

E’ utile ricordare che uno scenario simile lo incontriamo tutte le volte che una persona vive una condizione di lutto, quella particolare condizione tragica e  di sofferente bisogno in cui tutte/i coloro che le stanno attorno si precipitano a proteggerla spinti, fra le tante ragioni umane-troppo umane, anche e soprattutto dalla necessità di sentirsi indispensabili all’altra/o.  Si tratta, detto altrimenti, della nota posizione-condizione soggettiva  dell’”essere per”, uno status  particolare in cui la spinta vocazionale  all’“essere per l’altra/o”, lungi dal configurarsi sempre e unicamente come espressione di un gesto di generoso altruismo e di solidale “sorellanza”, comporta, per chi la pratica, una serie di tornaconti in termini di conferma Narcisistica e di Potere sintetizzabili in un: “Io ti salverò”.